Nel Cauca, come nel resto della Colombia è scoppiata la febbre dell’oro. Arrivano da tutti le parti del paese, spinti dal sogno della ricchezza, o forse soltanto dalla realtà di fame e di mancanza di opportunità. Poveri e sognatori, i cercatori d’oro vivono degli avanzi lasciati dalle ruspe che a centinaia distruggono fiumi e boschi, affamate dell’oro che estraggono a chili, evadendo la legge e le istituzioni, cieche o complici.
Tutti partecipano al grasso affare, le guerriglie, i paramilitari, la forza pubblica, amministrazioni locali e organismi di controllo. Di fronte al disastro, da Bogotà il governo da una parte propone che l’esercito reprima le miniere illecite, come futuro compito nello scenario di post conflitto, mentre dall’altra concede a prezzi stracciati l’oro e i minerali colombiani alle imprese straniere come Anglo Gold Ashanty, Glencore, Carbon Colombia. Pochi audaci si oppongono, offrendo i propri corpie le proprie vite in difesa della terra, dei fiumi, della autonomia e dignità.
Bruno Federico, 34 anni, nato a Roma, ha studiato Sociologia all’università La Sapienza. Si interessa del conflitto colombiano dal 2001, anno del primo viaggio. Dal 2006 vive in Colombia lavorando con sindacati, organizzazioni contadine ed associazioni che si occupano di diritti umani. Fin da adolescente coltiva l’interesse per la fotografia ma solo nel 2008 si affaccia al mondo dell’audiovisivo, lavorando come montatore in una piccola produzione di Bogotà. Realizza il suo primo documentario l’anno seguente, sul genocidio che lo sfruttamento del petrolio ha prodotto nella regione del Casanare (Casanare: exhumando el genocidio). Il film viene presentato in decine paesi come una forte denuncia del ruolo delle imprese europee nel conflitto armato colombiano. Nel 2011 viene presentato il suo secondo documentario, 107 Secondi, Operai del Sud sul conflitto operaio, nella Fiat di Marchionne.