E’ Cattedrali di Sabbia di Paolo Carboni il documentario vincitore della decima edizione del Festival delle Terre – Premio internazionale audiovisivo della biodiversità. Cattedrali di sabbia è un viaggio attraverso la Sardegna che ha creduto e ceduto al miraggio dell’industrializzazione, svendendo la propria cultura agricola e pastorale per saltare sul treno di un ipotetico sviluppo industriale.
Tra le 16 opere internazionali in concorso, Cattedrali di sabbia è stato scelto all’unanimità dalla giuria composta da Augusto Gongora, presidente di giuria (regista, produttore e attore cileno, direttore di Teleanalisis durante il regime di Pinochet), Blandine Sankara, (sociologa, presidente dell’associazione burkinabè Yelmani, impegnata sul tema della sovranità alimentare), Nora Capozio, (Associate Expert presso Bioversity International, la più grande organizzazione internazionale di ricerca sulla biodiversità agraria), Tommaso D’Elia (regista e direttore della fotografia di documentari, tra cui l’ultimo lavoro “Sanjay e Sumitra – La tigre e il tifone”) e Daniela Ceselli, (sceneggiatrice, tra i suoi script più popolari: “E la chiamano estate”, “Nessuna qualità agli eroi” di Paolo Franchi, “Vincere” di Marco Bellocchio).
Si sono espressi così alcuni giurati, motivando la loro preferenza:
Augusto Gongora: Per il modo con cui è stato realizzato e per la capacità di trasmettere quello che le persone “sentono” prima ancora che lo “dicano”. Una qualità che il regista è stato capace di trasmettere intrecciando delicatamente e molto da vicino le storie dei protagonisti, di cui il documentario ci racconta un vero e proprio percorso di trasformazione che va oltre il solo cambio di lavoro. Cattedrali di Sabbia fa emergere, con forza, la capacità di reinventarsi, di ricostruire sé stessi e la propria identità all’interno di una crisi durissima che vive la Sardegna.
Daniela Ceselli: Per la capacità di comporre immagini, suoni, timbri e colori in un’opera che racconta la terra di Sardegna, tradita da un’industrializzazione selvaggia, che ha arricchito pochi e deluso molti; per la voce dei suoi abitanti, inghiottiti dal miraggio della fabbrica e dalle necessità della vita, che rinunciano a una parte di sé stessi, per poi ritrovarlo nel momento di massima crisi; per il retroterra culturale, fatto di pesca e pastorizia, che riemerge prepotentemente tra i rossi infetti dell’allumina e il sangue delle tonnare, al ritmo di un blues.
Tommaso D’Elia: Pur affrontando il difficile tema della deindustrializzazione in Sardegna, il film diventa paradigma dello sviluppo neo liberista e dei danni, immensi, ai territori e ai suoi abitanti. Un documentario filmato con un’ottima fotografia, con camere sempre in movimento, mai indulgente al sentimentalismo. Buona la colonna sonora.
Ecco le opere vincitrici degli altri premi del Festival delle Terre:
Il Premio Bioversity (assegnato da Bioversity International) va a La era del buen vivir di Jeroen Verhoeven e Aline Dehasse, per il modo in cui l’opera mostra come lo sviluppo sostenibile non possa prescindere dalla conservazione e dall’uso della diversità delle colture e culture locali, che costituiscono un patrimonio a rischio.
Il Premio Crocevia (assegnato dallo staff del Festival) viene conferito a Stealing from the poor di Yorgos Avgeropoulos, per aver portato l’attenzione sulla resistenza dei pescatori senegalesi contro la pesca illegale dei pescherecci europei e asiatici che stanno privando gli abitanti delle coste dell’Africa occidentale di una delle loro fonti primarie di sussistenza. Ottengono una menzione speciale Sachamanta di Viviana Uriona e El gigante di Bruno Federico, Andrea Ciacci e Consuelo Navarro.
Il Centro internazionale Crocevia durante il Festival delle Terre con 4 giorni di proiezioni, dibattiti e incontri con gli autori ha incontrato oltre 700 persone interessate alla sovranità alimentare e ai diritti connessi alla terra, appassionati di cinema, addetti ai lavori, associazioni e studenti. Dal Nuovo Cinema Aquila di Roma la rassegna passerà nel mese di luglio a Cagliari nella cornice di Villa Muscas e poi a Carloforte nell’Isola di San Pietro.